Volete fare un regalo utile e
inutile insieme? Davvero trendy? Leggero, ecologico e culturalmente valido?
Prendete uno degli ultimi pacchetti de L’orma editore, tre giganti: Van Gogh,
Dickens e Wilde.
Costano sette euro l’uno,
possono essere spediti nella buca delle lettere dopo l’affrancatura a 1,50
euro, la via più semplice; o se vi capita di stare alla posta, con piego di
libri spendete 1,25 euro. Sono lettere, carteggi, fogli di fronte cui essere come
si vuole, tendenzialmente sinceri. Sincero era Van Gogh, quando scriveva di
Dickens all’amico Van Rapperd: “Non c’è un altro scrittore che è pittore e
disegnatore come Dickens. Le sue figure sono resurrezioni.” Lo racconta
Massimiliano Borelli, curatore del gigante inventore di Pip e Oliver, David,
quel Charles di cui “basta citare il lemma dickensiano”, per vedersi immersi in
fumosi vicoli londinesi di metà Ottocento, o strade grigie topo dove s’aprono
fabbriche rumorose. Viveva nell’incubo di tornare povero come agli inizi, il
buon Charles, quando dodicenne lavorava in una fabbrica di lucido da scarpe. Ma
nella vita, solo successi. Agli antipodi l’altro gigante, Van Gogh, curato da
Luca Iacovone: voleva essere lieto come un’allodola di primavera, quando
confidava segreti a Theo, fratello sempre presente, “non la farai leggere a
nessuno, vero?”, quando era pieno di fiducia e amore ardente e scriveva: “Colui
che ama vive; colui che vive lavora; chi lavora ha il pane.” Che pena! Non sarà
mai così per il suicidato della società per antonomasia: “arrivare dritti al
cuore degli altri!”, con una tale perla nel cuore, Vincent Van Gogh, andò
incontro nonostante un’ostinata speranza, andò incontro a cocente delusione.
Quanti desideri mai esauditi a levar la mano su di sé? La pistola al petto che
corre, tra il grano dei campi di Auvers – sur – Oise, campi che l’avevano visto
dipingere indomito en plein aire, di notte con le candele accese nel cappello,
bersaglio delle vessazioni dei giovani paesani. La populasse. In vita sua, il
gigante Van Gogh vendette un solo quadro: a una pittrice, Anna Broch, per
quattrocento franchi. E ottenne una sola segnalazione seppur accogliente della
critica. Un po’ troppo poco, per chiunque vivesse di quella febbre. Per
chiunque: un desiderio di più vita, prima ragione di chi si dà la morte. La
curatela mette in piena luce l’entusiasmo creativo, dieci anni potenti, dal
1881 fino alla fine; entusiasmo che culminerà in un capolavoro: Notte stellata
che il pittore però riteneva un fallimento.
Van Gogh conosceva Dickens, lo
leggeva; avesse avuto la possibilità d’incontrare l’altro gigante, Oscar Wilde,
avrebbe magari “fatto furore” con la personalità da eccentrico che si
ritrovava. Ché Wilde sciolse qualsiasi ostacolo all’ascensore sociale, creando
un’elite alla portata di chiunque. Chiunque valesse e osasse come lui
esorbitare in scandali equiparati a successi per poi conoscere la discesa
nell’abisso. “Quando la sua omosessualità esce dal cono d’ombra della diceria e
di una semitollerata esistenza clandestina e viene esposta nelle aule di un
tribunale, il divertito avversario dalla risposta sempre pronta diventa il
nemico, il paria di tutta una società”. Così Marco Federici Solari – sua
collazione e cura del volumicino dedicato a Wilde -, scrive e conclude con un
richiamo alla Bellezza, come divinità di una sera gelida, ottima per
passeggiare tra noi in questo vecchio mondo.
Mondo che L’orma accoglie e rilancia,
e il mondo, almeno la Francia, sorride a L’orma: a marzo sono approdati anche
lì i “pacchetti” spedibili, e son già nelle cassette della posta e sugli
scaffali di ben ventimila lettori.
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