Respirare con la pancia, si consiglia l’orizzontalità, ma se non si può, anche da seduti, piedi a terra.
Il gioco è a non identificarsi, gioco
di straniamento, sennò meglio Topolino.
“Nuoro è un colabrodo”, dice
quella signora che vorrebbe parlare e non vorrebbe, “Sì, aggiunge, fa acqua da
tutte le parti.” Avrei voluto chiederle delle falde, se quella sentita in
Piazza Satta, e scorre sempre, lo fosse, se quella in Santu Predu pure; avrei
voluto chiederle se fosse acqua persa o da trattenere, avrei voluto chiederle
tante cose, ma è fuggita via prima che potessi parlarle, sì, fuggita via mentre
le parole si perdevano nell’afa.
Riu Grùmene? Riu Mughina?
S.Logo? Cedrino?
Acqua comunque ce n’è, mi chiedo
se sia sempre preziosa per tutti
Scorre come fiume, a monte il
futuro, a valle il passato. Come fiume scorre la vita, in città. Tante voci, e penso
a un amico romano, ogni mèta prevede la visita al cimitero, “ché i morti
continuano a parlare, sai?” Secondo lui, una visita al cimitero ti fa capire
dove sei.
Ci sono stata, al cimitero di
Nuoro. Il 25 aprile.
Tante voci, il coro della
tragedia, sempre lì siamo: quel che dici il resto del mondo te lo rimanda bello
illuminato, tutti i peccati, stando ai bigotti. La differenza wildiana tra
pettegolezzo e scandalo mi conforta.
Tra gli impossibili freudiani,
non c’è imparare; imparare si può sempre.
Non è un dolore morale, è più
simile al dolore di Adriano per la morte di Antinoo.
L’importanza del coro, il personale è politico: era slogan femminista, o no?
Commenti
Posta un commento