Avete mai pensato a non pensare?
Avete mai provato a volere bene anche a chi non ve ne vuole? A spezzare cattive
catene? Già solo il fatto che vi sia passato per l’anticamera del cervello, è
buon segno. Significa che vi state educando, attività che non finisce mai;
l’autoriflessione essendo, la cosa più utile di tutto l’Umanesimo.
Scusa se non sono abbastanza è
titolo editorialmente infelice per un libro fragrante come il pane appena
uscito dal forno, un libro sulla felicità. Libro che lo dice, lo ridice, a
tratti quasi lo grida: la filosofia sia praticata a scuola, da tutti, dalle
elementari alle superiori.
Scritto da Raffaele Mirelli,
filosofo napoletano di trentanove anni con tanto da dire ed esempio
d’invidiabile ars brevis: si fa bastare cento pagine; a pubblicarlo, ci ha
pensato Castelvecchi a settembre scorso. Libro dichiaratamente elaborato e
scritto durante la “sessantena”.
L’occasione è immaginaria e non
lo è. Lo è per costruzione, avendo due cornici, una d’invenzione e l’altra
storica. Non lo è perché l’autore parte da sé e un io sapiente, lo può. Un io
declinato al noi, può ben parlare di felicità. “Controllato ed educato, l’ego è
una forza dirompente da divenire motore propositivo verso la conoscenza.” Ma
debitamente guidato, se aiutato a divenire costantemente, l’ego non ristagna in
un’involuzione che sa di egoismo ed egocentrismo.
L’invenzione parla del
ritrovamento del libro dei libri: Che cos’è la filosofia?
Sette capitoli frammentari ciò
che resta, 209 aforismi di ragazzini, raccolti durante sei anni d’esperienza
filosofica nelle scuole: ciò che resta abita il futuro. Tramite il divenire, un
medio, un metaxù, come un ponte tra passato e futuro, vissuti nel presente.
Affidandosi – parola che implica fiducia – al vuoto, sì, a quel “nichilismo
produttivo”, vuoto necessario e da non temere ché permette la rigenerazione.
Sapere cos’è la filosofia è
riscoprire il pensare come virtù dell’essere umano e in vista di un traguardo che
forse oggi sembra meno improbabile, il bene comune. Sarà un futuro migliore del
cul de sac di oggi, se e quando, scuola famiglia bambini al centro, insegnanti,
nonni e “territorio”, figureranno tutti insieme in una bella istantanea a
immortalare un tempo di lavoro comune. Il bene comune lo si scopre stando
insieme, dialogando e cambiando sulle note del divenire.
Todos cambia e Mirelli ci sposta
lo sguardo incagliato da tutto il peggio del Novecento (basti pensare a cos’era
la filosofia per Heidegger, la stessa che Montaigne aveva avuto tra le mani
qualche secolo prima), e ci riporta ai presocratici, a un essere per la vita
che comprende la felicità. Non a caso per dire felice, si usa spesso la
locuzione “pienamente realizzato”: la realtà che sarà frutto di un pensiero,
ché si pensa per agire (Aristotele), sarà abitata da cittadini felici.
Se vogliamo che i ragazzini
salvino il Mondo – e queste cento pagine generano un capovolgimento che guarda
alla durata della nostra specie sulla Terra –, non merendine, ma filosofia,
vino e fave. Ché fave e vino furono galeotti nell’amicizia che scintillò fra
coloni greci e ischitani, i primi sapienti del sapere di Ulisse, offrirono fave
da coltivare sotto le viti di Ischia, le viti degli autoctoni dell’Isola dei
Vasi, Pithekoussai in greco…
E non manca, a queste cento
pagine, l’aire di rivolgersi ai filosofi: che siano pronti ad andare dove la
filosofia è benvenuta.
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