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Il pregiudizio psichiatrico

 Basta poco, un esaurimento dovuto magari a un momento di crisi negli affetti o nel lavoro e può capitare di “dare fuori” di testa, allora agli occhi di parenti e amici si diventa pericolosi e il ricorso a uno specialista dà avvio a una via crucis senza ritorno. “C’è da pensare che Gesù Cristo invece della croce, strumento contro gli schiavi in rivolta, oggi si sarebbe beccato l’intervento della scienza psichiatrica, strumento contro i pazzi pericolosi.” Parlava chiaro Giorgio Antonucci, non psichiatra che ha lottato dal 1966 fino ai suoi ultimi giorni contro l’internamento e il pregiudizio psichiatrico. Quest’ultimo è il titolo di un libro importante, tutto di fatti e in un linguaggio semplice: “Le parole complicate e astruse degli psichiatri, come quelle dei giuristi e ancor più dei politici, e dei medici in genere, servono a non far entrare gli altri nel loro mondo, dato che buona parte del potere passa per l’accesso alle parole e al loro significato.”

Non-psichiatra che riteneva la psichiatria un’ideologia priva di contenuto scientifico, una non conoscenza il cui scopo è annientare le persone invece di capire le difficoltà. Difficoltà di fronte alle quali Antonucci non si è mai tirato indietro. Come nel caso – ma sono innumeri – di Valerio, ricoverato, legato, imbavagliato, isolato a cui sciolse i legacci e la museruola e piano piano, nonostante anni e anni di contenzione, il ragazzo, sensibile ad essere trattato come un essere umano, si avviò a un recupero considerato impossibile.

Un non-psichiatra che abbatteva muri, cancellate, slegava e offriva ascolto come testimonia uno dei tanti infermieri che si schierarono al suo fianco: “Ascoltavamo le persone, senza fare diagnosi: soltanto ascoltando veramente si capiscono le persone e così si possono discutere i loro problemi. Questo modo di pensare è molto diverso da quello di tanti che apparentemente dicono che la malattia mentale non c’è: per esempio Jervis diceva che esistono persone con problemi, ma poi ci proponeva, quando era qua, la terapia per elettroshock.” Pratica devastante mai smessa in verità nemmeno in Italia, pratica che annulla la persona e nonostante il rischio alto di morte viene impunemente inflitta: “E’ tale la necessità di cambiare il pensiero del ricoverato che il rischio che ne muoia è messo in conto, coscientemente.” Al motto “meglio un cervello distrutto che un cervello anormale” la psichiatria moderna è diventata ormai una raffinatissima tecnica della repressione tramite farmaci e il lucro che se ne ricava è incalcolabile. Ma si può essere certi che questa strapotente non scienza non si sarebbe sviluppata se non fosse esistito l’istituto del ricovero obbligatorio.

Basta poco, ripeto, per ritrovarsi ad essere persone “scomode” e non penso solo ai dissidenti ma anche ai disoccupati o ai mendicanti.

Basta poco, ma se si è poveri basta ancora meno. “In Italia prima del maggio 1978 c’era il ricovero coatto in manicomio, dal 1978 in poi c’è il Trattamento sanitario obbligatorio nei centri di diagnosi e cura.” Là, può succedere che spaventato dalle dosi massicce di neurolettici, cioè farmaci capaci di sopprimere particolari funzioni nervose, efficaci soprattutto negli stati di agitazione e aggressività – e sfido chiunque a non essere agitato o aggressivo quando tutte le porte si chiudono a doppia mandata dietro di sé – può succedere che uno si rifiuti alle “cure” e allora scattano le botte, il placcaggio, la violenza.

Parlo, ahimè, con cognizione di causa e il libro di Antonucci edito dall’infallibile elèuthera – ché per essere libertari s’ha da essere impeccabili -, mi snocciola tutta la casistica da me vissuta, botte e contenzione comprese. Non da ultima l’illazione deterministica “poverina, non è colpa sua, le manca una molecola”: “Gli psichiatri, per tranquillizzare l’opinione pubblica, evocano mostri, come nell’antica mitologia e nelle culture medievale e rinascimentale, e parlano di una struttura genetica difettosa, diversa da quella di tutti gli altri.” Così una non-scienza si autoinveste di un’oggettività scientifica accampando disfunzioni del cervello che fino a prova contraria spetterebbero solo alla neurologia, capace di diagnosticare e curare le malattie di quella massa del peso di meno di 1600 grammi che appare come una noce molle e rugosa. In merito, Antonucci scrive di interpretazioni arbitrarie della biologia, “secondo la quale alcuni popoli sarebbero superiori e altri inferiori (il razzismo) e alcuni individui sarebbero superiori e altri inferiori (da cui la psichiatria). Tutte e due queste ideologie, che hanno un’unica radice, sono la base di vari tipi di campo di concentramento.”

Basta poco per essere “devianti” “pazzi” “matti” “folli”, ma l’emergere di una difficoltà non è mai veramente improvviso, c’è dramma e violenza solo dopo che tentativi meno drammatici e violenti sono stati già fatti e disattesi.

Basta poco per una via crucis senza ritorno, una via dolorosa su cui la società ci mette del suo con l’aggravante dello stigma, ma come diceva Einstein, è più difficile superare un pregiudizio che dividere l’atomo.

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