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Brevi lezioni sul linguaggio


Non c’è dubbio, quando uno studioso sente il bisogno di scrivere quanto sia bello ciò che studia, il risultato è un gran libro. E’ il caso di Brevi lezioni sul linguaggio di un linguista che insegna all’Università di Reading, nato nel 1972 in provincia e cresciuto a Torino, Federico Faloppa. Un cervello fuggito? Chissà.
Di certo un cervello che funziona assai bene, tanto da architettare in 62 brevi quanto intensi capitoli un viaggio che conduce il lettore a saperne di più di cosa sia (“formidabile abilità che è di tutti gli esseri umani”), come nasca, quando e come funzioni il linguaggio che ci consente non solo di comunicare, ma pure di esperire il mondo. 
E’ quella capacità di comunicare pensieri, esprimere sentimenti, insomma informare altri esseri umani sulla realtà interiore ed esterna tramite un sistema simbolico di segni vocali, gestuali e scritti ricombinabili quasi all’infinito seguendo una serie di regole. 
Beninteso, nel regno animale non siamo gli unici possessori del linguaggio, ma il nostro è l’unico discreto nel senso di distinto, chiaro, cioè un suono, un segno, o è una cosa o è un’altra. Caratteristica del linguaggio umano è di poter formare un numero altissimo di parole con un numero limitato di unità minime. 
Solo noi umani possiamo costruire frasi sempre nuove inserendo, in una frase di partenza, un’altra frase e poi un’altra ancora via via in una sorta di gioco a scatole cinesi. Solo noi possiamo parlare del linguaggio che usiamo. Solo noi possiamo sganciarci dall’immediatezza, dal presente, quindi parlare del possibile e dell’impossibile e non solo in risposta a stimoli ma in piena libertà. 
“A parole il linguaggio è uno straordinario, complesso, duttile strumento di libertà”. E libertà è alla base di una delle tante ipotesi sulla nascita del linguaggio, la più recente e affascinante, ideata dall’antropologa Dean Falk. E’ la teoria del “mettere giù il bambino” e ci porta indietro a quando iniziammo a camminare su due gambe invece che quattro, a quando smettemmo la pelliccia e le madri non poterono più portare aggrappati ai peli i figli eppure avevano la necessità doppia di accudirli e di avere le mani libere per poter raccogliere cibo. Fu allora che cominciarono a mettere a terra il bambino, senza allontanarsi troppo, il tanto da poterlo rassicurare vocalmente mentre il pargolo emetteva a sua volta suoni per richiamare l’attenzione delle madri. 
Ecco, dalla tenerezza tutta materna di proteggere la prole, qui s’accese la prima favella. Sono trascorsi milioni di anni e oggi le lingue parlate sono circa – difficile dirlo con precisione – settemila di cui quasi quattromila anche scritte, lingue che oggi ci sono domani chissà, ché anche le lingue muoiono e i linguisti concordano nel dire morto un idioma quando non c’è più nessuno che lo parli. 
Spesso, troppo, una lingua viene smessa per imposizioni esterne alla comunità, che siano militari, economiche o religiose, come nel caso dei curdi a cui il governo turco impedisce di parlare nella propria lingua. Un divieto che intende sopprimere un patrimonio culturale, storico, ecologico ché ogni lingua è espressione unica di un’esperienza umana nel mondo.
Linguista storico, Federico Faloppa guida il lettore tra morfemi e fonemi, parole e gesti, senza dimenticare il padre della linguistica moderna, quel Ferdinand de Saussure inventore della semiologia, e quel genio al quale dobbiamo la Grammatica Universale, Noam Chomsky: secondo cui tutte le grammatiche del mondo non sono che la variazione sul tema di un unico modello capace di spiegare il funzionamento di tutte le lingue. 
Così animato dall’amore per la linguistica, Faloppa, che nella contesa tra innatisti – chi crede che il linguaggio sia una facoltà innata – e comportamentisti – chi crede che sia un’acquisizione graduale e circostanziata – lui pensa che la verità stia nel mezzo. E a proposito di mezzi, non trascura né l’apparato respiratorio su cui si fonda quello fonatorio, né quella meraviglia che è il cervello, nella cui corteccia ha sede il linguaggio. L’unicità di quello umano sta non solo nel percepire e riprodurre suoni, ma nell’abilità di assegnare a quei suoni dei significati: cosa che a noi umani riesce già fra il sesto e il dodicesimo mese di vita.
Pieno di metafore ed esempi di uomini illustri, citazioni che vanno dalle canzoni ai film e agli spettacoli teatrali, questo libro che Federico Faloppa dedica ai suoi studenti – fortunati vien da dire, ad averlo come docente! – rende conto di quanto sia ricco, complesso e bello il mondo del linguaggio.


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