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Filosoficamente vostro


Se Pascal pensava che l’infelicità dell’uomo derivasse dalla sua incapacità a starsene da solo nella sua stanza, Voltaire più di un secolo dopo scriveva: “Se c’è una cosa che ho capito, col passare degli anni, è che tutto sommato non c’è nulla per cui valga davvero la pena di uscire di casa.” Lo scriveva nel 1754 in una lettera a Madame du Defand dove nella querelle fra antichi e moderni, sposa il partito delle lingue classiche.
Curato da Lorenzo Flabbi, a marzo 2020 – un marzo che non dimenticheremo facilmente – è stato dato alle stampe da L’orma un altro Pacchetto, da spedire volendo, dedicato stavolta a Voltaire e alle sue lettere.
Filosoficamente vostro è il titolo tratto dalla lettera del 1755 niente meno che a Jean Jacques Rousseau cioè a un nemico per la pelle tanto che il filosofo francese arrivò a definire il collega ginevrino “un discendente bastardo figlio del cane di Diogene”.
No, non andava per il sottile l’autore delle Lettere filosofiche anche se sottile aveva naso e sorriso come appare dal suo ritratto ufficiale realizzato da Maurice Quentin de La Tour nel 1735 contro il quale non si peritò di esprimere le sue perplessità.
Polemista tout court Voltaire, eppure nell’introduzione a questo intrigante florilegio di carteggi – sottotitolo Lettere di un uomo indaffarato – Flabbi ci ricorda come la memorabile sentenza “Non sono d’accordo con quello che dici ma mi batterò fino alla morte perché tu possa continuare a dirlo” non sia mai stata pronunciata dal filosofo del Candide. La formula diventata proverbiale la si deve all’inglese Evelyn Beatrice Hall, che la scrisse nella sua biografia romanzata The Friends of Voltaire che pubblicò sotto pseudonimo nel 1906. Voltaire comunque con la sua vita rocambolesca e un’opera mastodontica, testimonia davvero della difesa a ogni latitudine della libertà d’espressione.
Convinto che d’Alembert fosse la mente più brillante del suo tempo, con l’età ebbe a vedersela con la malattia: “A pensarci bene, anche la malattia ha i suoi aspetti positivi: ci libera, ad esempio, dalle incombenze mondane, dalla società.”
Nonostante un corpo a corpo col corpo, continuò a lavorare: “Se non soffro lavoro, se non lavoro è perché sto soffrendo. Una vita piena alla fin fine, senz’altro non felice. Ma dov’è poi la felicità? Io non lo so di certo.”
Ma poi, nel febbraio del 1763, in una missiva al marchese du Chauvelin, quando anche la cecità giocò con i suoi occhi, scrive: “Mi gusto l’unica felicità appropriata a un uomo della mia età, quella di vedere persone felici attorno a sé.”
Del suo secolo, il Settecento, secolo filosofo per eccellenza, Voltaire fu un lume indaffarato, uomo “dalle energie intellettuali inesauribili, sempre al centro esatto del suo tempo”. Questa selezione di lettere, per quanto parziale, rende conto dei molteplici fronti – politici, letterari, mondani e intimi – su cui si giocò la sua intera esistenza.

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