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Orizzontale e verticale le figure del potere


 

Soffro di vertigini, temo le alture. Sto a mio agio con i piedi per terra, a livello del mare. Forse anche per questo alla verticalità preferisco di gran lunga l’orizzontalità. In che senso? Giusto quello dell’ultima fatica di Stefano Boni per la preziosa elèuthera Orizzontale e verticale le figure del potere. Un libro necessario, tanto da suscitare la meraviglia dell’autore nel constatare che non è stato scritto prima.

In copertina una stampa del 1700 circa, un’acquaforte di Giuseppe Maria Mitelli la “Machina del mondo – Ognun cerca di star sopra il compagno”. E’ una piramide umana con alla base il Villano e il Fachino, schiacciati dal peso di più illustri personaggi che culminano nella figura del re accanto al quale implacabile e orizzontale c’è la falce della morte che tutti pareggia.

E’ una rappresentazione dell’insofferenza popolare al sistema gerarchico, popolo che all’epoca sperava in nient’altro che nella parificazione del trapasso. Invece furono rivoluzioni, la francese e poi quella russa, momenti in cui il popolo salda i conti con le “Altezze” e abbatte i simboli del potere verticistico: saltano teste e statue.

Momenti, quelli rivoluzionari, che permettono di “rimettere in discussione la sedimentata verticalità statale e papale, la differenziazione in ordini sociali fissi, la trascendenza di Stato e Chiesa.”

Momenti di azzeramento in cui per poco, pochissimo, c’è il tanto per far spazio a progetti egualitari, ma ben presto la leadership riprende il sopravvento.

E poi, quelli che nelle rivoluzioni vengono fatti fuori, sono solo gli apici, le teste, ma dacché è Stato, il sistema regge alla decapitazione e prosegue nel su andamento discriminatorio. Sì, verticale è la concezione di un potere che prevede “chi sta sopra e chi sta sotto”, quindi asimmetrica; mentre orizzontale è la tensione circolare alla parità, dove l’uguaglianza genera relazioni simmetriche. Non a caso è il cerchio la forma delle assemblee, disposizione in cui è possibile vedere ed essere visti da ciascuno. Faccia-a-faccia invece di sopra/sotto, una uguaglianza pagata cara: “quelli perpetrati contro i contesti egualitari, soprattutto nel corso del XIX e XX secolo, sono stati eccidi, genocidi, massacri, stermini seguiti da deportazioni forzate.”

Eppure l’orizzontalità non è morta, vive oggi nei movimenti underground che propongono una fratellanza ribelle: “ognuno è tenuto a parlare col cuore, con amore e con gratitudine verso i propri fratelli e sorelle, per il divino che è in noi e intorno a noi, per l’opportunità che ci stiamo dando di essere qui, in cerchio, in condivisione, per tutti gli esseri viventi e non: il popolo delle piante, degli animali, il popolo alato e delle pietre.” Così racconta Mario Cecchi fondatore della comunità di Avalon sull’Appennino pistoiese e dalle sue parole è evidente come la logica del molteplice, alla base della quale c’è l’equivalenza di elementi differenti, dia vita a un sentire panteista e animista.

Fuori dall’antropocentrismo c’è un universo pulsante di differenze, terreno fertile per le relazioni. E se il potere tende a concentrarsi, “l’alternativa anarchica – scrive Colin Ward – è quella che propone la frammentazione e la scissione al posto della fusione, la diversità al posto dell’unità, propone insomma una massa di società e non una società di massa.”

Un’alternativa che potrebbe sottrarci alla competizione di individualità che viviamo oggi. Oggi che al vertice, su su in alto, c’è il capitale ossia una finanza anonima piuttosto che persone fisiche. Oggi che siamo tutti uguali ma solo in teoria ché in pratica ad accentuare la cesura tra governi sedicenti democratici e cittadini si sono consolidate cinque dinamiche micidiali. La prima, è che i media sono l’unico legame con l’elettorato. La seconda vede sempre più forte il sodalizio tra governanti e potere economico-finanziario. La terza vede i governanti attribuirsi privilegi esclusivi ed esorbitanti, la quarta vede l’amministrazione operare senza nessuna eticità e la quinta riguarda i cittadini, sempre più privi di sovranità.

Libro frutto di un progetto “radicalmente comparativo”, parte da lontano per aiutarci a capire meglio ciò che è vicino e facciamo fatica a vedere “perché ci siamo immersi.”

  


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