Non doveva andare così. A quarant’anni, mastectomia radicale destra, un’amazzone praticamente. Mai voluta protesi. Dieci anni dopo, sei anni fa, una diagnosi di metastasi ossee agli acetaboli. Una diagnosi senza biopsia, tanto invasiva sarebbe stata. Sei anni di bombardamenti al mio corpo, a me: radioterapia, chemioterapia, ormonoterapia. Nel tempo l’oncologo di sempre andò in pensione, chi gli succedette non mise mai in discussione la sua diagnosi, neppure quando mi trasferì per poco in un altro day hospital. Sei anni di cure devastanti e intanto non morivo ma non camminavo quasi più. Nel tempo con l’oncologo di sempre divenimmo amici e visto come non camminavo e non morivo, un giorno venne a casa a dirmi che no, non sarei morta di lì a poco. La verità vera e probabile era un’errata diagnosi a monte, in poche parole, non si trattava di metastasi ossee bensì di coxoartrosi. Lì per lì non ho ben realizzato, mi sentivo giorno dopo giorno sempre più Euridice rilkiana. Lastre